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Parliamo di Scuola e Formazione dei giovani con Elia Rubino autore de "I toni dell'azzurro"

Cop Toni azzurroIntervistiamo Elia Rubino poche settimane dopo la pubblicazione in formato Ebook del suo libro "I toni dell'azzurro. Scuola e formazione personale dei giovani".
I toni dell’azzurro è un’autocritica serrata alla scuola, alla sua educazione, ma anche all’essere ed al divenire umani.


È un invito all’autoriflessione, sia per chi opera come insegnante, ma anche per gli studenti, affinché sappiano prendere dalla scuola tutto il nutrimento intellettivo utile a costruire il loro futuro.
Elia Rubino non solo affronta un tema così delicato, ma lo fa con uno stile diretto e leggero, che rende la lettura fluida, come lo è un pensiero quando si articola nella nostra mente, impreziosito da spunti di una cultura che egli trasforma in messaggi e linee guida per la vita presente e futura.

Ringraziamo Elia Rubino per averci consentito di pubblicare questa interessante intervista che consideriamo un utile contributo ricco di spunti di riflessione.

D. “I toni dell’azzurro” e la formazione dei giovani: come si accostano questi due mondi così lontani?
R. Nelle pedagogie delle "scuole nuove" ( e siamo nel '900) l'istituzione scuola, grigia e noiosa, cede il posto a Summerhill, la casa dei bambini e a tante altre architetture dell'educazione in cui al centro c'è la persona umana nelle sue relazioni, nella voglia di scoperta,  di curiosità e di autocostruzione del sé. Insomma una scuola dove non ci sia solo un colore ma tante tonalità da  ricercare e vivere insieme.

D. Da dove nasce l’idea di parlare della scuola, in modo tanto “rivoluzionario”?
R. Rivoluzionario? Non direi. Realistico. La scuola italiana, come tutto il sistema, è profondamente malata: soffre di una letargite acuta che non pone nulla al passo con i tempi. È come se io pretendessi di costruire la "Cinquecento" ( facciamo un po' di pubblicità al Made in Italy) con le stesse tecnologie di cento anni fa. Il risultato sarebbe desueto ed antiquato e, soprattutto invendibile: come del resto è la scuola italiana, classificata sempre agli ultimi posti nella classifica annuale OCSE.

D. Perché ha scelto questo stile “amichevole” ed umoristico per trattare argomenti complessi? Non ha paura di non essere preso sul serio?
R."Un direttore di teatro si presenta tutto trafelato sulla scena per avvertire il pubblico che è scoppiato un incendio. Gli spettatori, però, credono che la sua comparsa faccia parte della farsa che si stanno godendo: e così quanto più quello urla, tanto più forte si leva il loro applauso". L'aforisma kierkeegardiano  ben risponde alla sua sottile domanda. A volte la vita non va presa sul serio, va giocata, come diceva Baden Powell, fino in fondo, oppure, se preferisce, va testimoniata con serenità, secondo l'eredità che ci ha lasciato Socrate. Del resto c'è un'intera classe politica in giacca e cravatta che ogni giorno ci prende in giro in politichese tra leggi e dibattiti, tutti seri! Io ho trascorso 26 anni nella scuola italiana e ne ho viste di tutti i colori ( a proposito dell'azzurro); ho vissuto esperienze  stupende e pioneristiche a livello umano e didattico, sempre con il sorriso sulle labbra,  al fianco di presidi e colleghi  amabili e preparati. In questi ultimi anni, al contrario, ho sperimentato il fallimento e la solitudine e, realmente, mi sono sentito una Cassandra, anche se, purtroppo, i fatti confermano la deriva di questo nostro contesto sociale.


D.Lei ci parla della sua esperienza diretta: non sarebbe stato il caso di integrare con altre osservazioni o, comunque, di indagare anche in altri contesti e con altri colleghi?
R. Il mio non è un "trattato pedagogico", quanto una denuncia, seppur con toni leggeri, di un malessere che certamente non è solo mio ma anche di studenti, colleghi ( quelli "allegri" come me) e genitori.  Quando  vedo i ragazzi sofferenti e distratti  mi sento realmente male e non capisco perché una realtà così evidente: una scuola noiosa ed inadeguata ai tempi, sfugga a tutti. Vedo "colleghi" spiegare e spiegare per ore, dettare  appunti, compiacersi delle proprie lezioni  frontali,  compunti nella "valutazione fiscale", mentre gli studenti continuano a dormire sui banchi. Certo non tutte le scuole sono uguali, ma le statistiche si fanno con i grandi numeri e di certo la scuola italiana  sta soffrendo. Insomma "i toni dell'azzurro " è un modo ironico  per confermare quello che trovai scritto sul diario di uno studente: "la scuola e come una P...: tutti ci vanno ma nessuno la ama!"


D. Vorrebbe spiegarci meglio quale potrebbe essere un approccio proficuo all’apprendimento da parte della scuola, sia per quel che riguarda gli insegnanti, che gli studenti?
R. Alcuni (pochi in verità) professori che hanno letto la mia riflessioni mi hanno chiesto: perché non espliciti in modo scientifico il "tuo" modello educativo? Potrebbe essere un'idea, ma anocor più sarebbe meglio sperimentare, da parte di una equipe, quello che dico. Eppure nihil sub sole novi: Basta "sincretizzare"  i modelli scientifici delle attuali tecniche dell'educazione e il gioco è fatto. Ancor più semplicemente, basterebbe "osservare" i modelli nord europei per  trovare adeguate soluzioni. Del resto l'Italia non è in Europa? e cosa abbiamo tratto da  questo essere Europa? A me sembra nulla: ci sono modelli funzionali nel campo educativo, giuridico, economico, sanitario, ma noi facciamo finta di niente e continuiamo ad andare... indietro. Del resto i contenuti della scuola italiana sono quelli dei primi del Novecento... e la metodologia? quella si ferma alla seconda metà dell'Ottocento, al così detto frontalismo: SPIEGARE-INTERROGARE-ANDARE AVANTI COL PROGRAMMA.... Tutto il resto è....noia. Certo è, lo ripeto, che non tutte le scuole sono così: ci sono avanguardie pedagogiche in italia (dalle scuole Montessori a quelle di Malaguzzi) che realmente danno il senso di approcci pedagogici centrati sulla persona. E lo Stato italiano perché non recepisce? Semplice: ad una classe politica del genere può corrispondere solo un "popolo anestetizzato", incapace di reagire come  comunità ad un sistema  di sfruttamento sociale. Siamo in uno stato di "sonno intellettuale" e nessun movimento culturale  riesce a rispondere  ai soprusi  a cui siamo sottoposti ogni giorno. Tasse, ingiustizie,  malasanità, ecomafia... mali sociali che ci avvolgono ma non riescono a svegliarci. del resto "panem et circenses" è garantito per tutti e così: "sta bene Rocco, sta bene tutta la Rocca!"

D. Dallo scritto si evince una forte critica rivolta, per lo più, al corpo docente o, se vogliamo, organizzativo, dell’istruzione scolastica. Cosa si sente di dire, invece, sul comportamento degli alunni? Non crede che si stia parlando di uno scambio formativo e, come tale, che anche il corpo studentesco abbia la sua parte?
R. Quando una squadra di calcio non fa goal chi è il primo a saltare? L'allenatore! Partendo dal fatto che io non critico nessuno, cerco solo di chiedermi come mai non ci sia una reazione reale da parte dei professori: mal selezionati, mal pagati, mal considerati, continuano a piangersi addosso o a paventare  agitazioni che non vanno ad intaccare nessun interesse reale. Una volta mi venne da dire: organizziamo uno sciopero della fame e accampiamoci sulle principali arterie della città... Sorrisi di tutti e... punto e a capo. Mi chiedo: come sono selezionati i professori  in altre zone d'Europa? Come sono pagati? Qual è il loro peso sociale? Se devo andare a  prestare servizio nell'esercito la prima selezione è quella psico-attitudinale. Nei "concorsi  a cattedra" che tipo di selezione abbiamo? (io ho avuto la s-fortuna di  essere nominato commissario per i  due scorsi concorsi a cattedra). Ebbene non c'è traccia di una possibile selezione per attitudine alla formazione dei giovani: capacità comunicativa, attitudine all'ascolto delle problematiche, capacità di coinvolgimento... Per non parlare della selezione dei "dirigenti scolastici". In un'azienda privata, ne sono convinto, i cosiddetti  dirigenti non passerebbero nemmeno la prova attitudinale. Insomma lo Stato italiano scimmiotta il modello manageriale in ambito scolastico ma non ne adotta il cuore:  la selezione  attitudinale. Le sorelle Agazzi avvisavano le aspiranti maestre: l'insegnamento è una vocazione, non un mestiere!
In questo bailamme gli studenti chi sono? Paragoniamoli a calciatori, ognuno con una innegabile potenzialità, spesso nascosta e addormentata in un angolo remoto del cervello. Senza voler scomodare il buon Froebel, gli alunni sono  come seme, ognuno sboccerà, grazie alla guida  del giardiniere... MA il giardiniere sa che non potranno essere tutte rose, ogni  seme nasconde un fiore diverso! Ultimo esempio. Se lei  decide di andare in palestra con l'obiettivo di dimagrire e  sborsa fior di euro, pretende dal "personal trainer" di ottenere un risultato? Certo che sì... eh, mi si potrebbe obiettare, ma i ragazzi non sono motivati, sono distratti, assenti... Chiaro, ma anche nel caso della persona che va in palestra può accadere lo tesso e, di conseguenza il trainer, con specifiche tecniche "motiva" supporta e stimola , arrivando ad ottenere  risultati scientificamente provati. Qua non si tratta di addossare colpe, si tratta, al contrario, di ammettere che  le tecnologie educative esistono, ma non sono  né studiate né tantomeno applicate.

D. Crede che un cambiamento come quello da lei augurato sia possibile al giorno d’oggi?
R.
Ottimismo pedagogico il mio? Non saprei. A me sembra che abbiamo la necessità di cambiare, e non solo nel contesto scolastico. Un eco sistema completamente devastato,  mancanza di valori, disequilibri economici: questo è il mondo che stiamo consegnando ai  giovani. Per chi crede nei cicli cosmici, il Kalpa induista, la soluzione è semplice... Ci sarà un periodo di distruzione e poi di ri-creazione. Senza essere così catastrofici ci sembra necessario, e tutti lo stanno predicando, un cambiamento radicale e tutto questo può essere suscitato solo da un  sistema educativo nuovo: la polis è possibile se fin da piccoli si è educati  a vivere in una polis. Se pensiamo alla politica sull'immigrazione italiana ci rendiamo conto del paradosso messo in atto: accogliamo (come è giusto che sia), ma in maniera approssimata ed indiscriminata e poi? Non seguiamo  gli immigrati, non garantiamo loro nulla, non li educhiamo e... sforniamo nuovi fenomeni di delinquenza e di devianza. Non sarebbe meno dispendioso  educarli ad una vita  comune, garantendo loro i diritti fondamentali, come  fa il resto dell'Europa. Ma si sa, l'Italia è il paese di Pulcinella....

D.Cosa si aspetterebbe da questa scuola nuova? Quali miglioramenti? 
R. Di "scuole nuove"  se ne parla da un secolo in tutto il mondo... Solo che in altre zone del mondo queste strategie educative sono state messe in atto e in Italia no. L'elefantiasi  della burocrazia, gli interessi delle classi dominanti rallentano ed ostacolano la formazione di "nuovi" docenti e  "nuovi" dirigenti, per non parlare di strutture fatiscenti ed attrezzature obsolete. Eppure le stanze del Quirinale e del parlamento pullulano di  Mac utilizzati anche per prenotare  le serate hard dei politici!  Il popolo italiano, creativo, geniale, pieno di arte, cultura e tradizione  spesso è costretto ad emigrare. Il male del CLIENTELISMO, del NEPOTISMO e in alcuni casi del CLERICALISMO si è insinuato in tutti i centri di potere. Una scuola nuova dona coscienza e consapevolezza, offre strumenti critici e di sana e pacifica rivoluzione culturale. Stiamo vivendo un paradosso: un governo non votato dal popolo ha votato un presidente:  ecco il crollo subdolo della democrazia. Un'Italia che  è culla della cultura occidentale potrebbe vivere di arte cultura e turismo, invece, soprattutto al Sud, è stata  avvelenata da aziende ed industrie che nel dopo guerra  hanno promesso benessere e invece hanno portato morte  attraverso tumori assurdi. E ora? Sono partite verso nuovi  "lidi" da inquinare,  dove  la manodopera costa meno e le tasse sono appetibili. Dura legge del Mercato? No! Squallida macchinazione dei ricchi.  Una coscienza  nuova, pulita,  dinamica, acquisita grazie ad una scuola  critica,  che sveglia e non addormenta è alla base di un possibile cambiamento della nostra società.

D. A chi dedica il suo lavoro?
R. Chiaramente ai giovani, a quelli che a scuola vanno male, perché spesso nella vita troveranno riscatto e giustizia. Ai giovani che si sentono insoddisfatti ed inquieti nell'ascoltare passivamente per ore: eppure proprio loro hanno una grande responsabilità nel cercare di contrastare un sistema  letargico ed invernale. I ragazzi di don Milani andavano  a scuola con allegria e non esisteva né ricreazione né pausa, perché tutto era una scoperta costante, contro i frontalismi  assurdi a cui erano costretti a sottostare.

D.Cosa raccomanderebbe a chi volesse trarre uno spunto concreto dal suo scritto?
R. Sapere aude... o ancora, più recente: stay hungry, stay foolish! C'è una sottile follia nell'esistenza, di cui Erasmo tesseva l'elogio. Abbiamo dimenticato che la nostra permanenza su questa terra è brevissima e, spesso la  sciupiamo. Se la vita è un dono è un nostro diritto viverla pienamente: carpe diem, "l'attimo fuggente", celebrato film su una scuola attiva è passato di generazione in generazione senza lasciare tanta traccia. Gli anni della gioventù, senza retorica, sono quelli più vitali: il GH è alle stelle, eppure lo lasciamo dormire tra le pieghe dei nostri neuroni. Qui non si tratta di cambiare la scuola, ma di trasformare la società sclerotica fondata sul "religio", sull'essere incatenati. Da più di duemila anni il "mito della caverna" continua ad ammonire i giovani sulla possibilità di liberarsi dai vincoli degli "idola" che ci attanagliano. Nel visionario "Matrix" si intrecciano mondi e domini virtuali, mentre l'uomo continua a soffrire e... sperare. Dobbiamo avere il coraggio di  cambiare il mondo, senza la pretesa di voler essere salvatori della terra ma cercando di operare piccoli passi di "metanoia"  in noi stessi prima che negli altri. Viviamo in una grande truffa, ma  la cosa peggiore è che  pensiamo di truffare gli altri mentre stiamo truffando noi stessi.

D. Ha considerazioni o commenti da aggiungere?
R. Vorrei ringraziarla per avermi dato uno spazio di riflessione. I new media sono importantissimi nella formazione dei giovani ma si devono utilizzare con tecniche appropriate.  Nelle scuole europee ed in alcuni istituti italiani  si vedono i risultati  e la velocizzazione dei processi di apprendimento... Tutto si trasforma e in pochi anni  i sistemi di apprendimento tradizionale saranno soppiantate da tecnologie educative completamente diverse. Sarà allora che ci si renderà conto del ritardo epocale che ha coinvolto docenti e dirigenti  per colpa di un sistema politico elefantiaco.  Il problema sarà non nell'utilizzo del mezzo ma  nell'ossatura valoriale che saremo riusciti a trasmettere alle nuove generazioni. Se mi si offre la possibilità potrei raccogliere in una antologia  voci della pedagogia di tutti i tempi che offrono spunti di riflessione scientifica su una scuola  diversa, nuova, attiva, adatta ai nostri tempi... Ma non dipende certo da me...


Intervista a cura della Dott.ssa Alice Fusella

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