D. Il libro si occupa di psicologia positiva, a chi potrebbe interessare la psicologia positiva?
R. Più che di psicologia positiva parlerei di Psicologia della Salute, che è il suo
nome riconosciuto internazionalmente.
Riteniamo possa interessare tanto ai professionisti quanto ai non professionisti. È un approccio che mette al centro il ben-essere personale e il miglioramento della qualità della vita. In tal senso si vedono le risorse di individui e i contesti, si esce dal modello malattia (il dominio di Panacea) e si entra nel modello salute, territorio di Igea. Si esce dall’idea della prevenzione, che implica comunque la presenza di un danno da evitare, e si entra in quella della promozione, che centra l’attenzione sulle potenzialità del singolo e del contesto.
Può dunque essere uno stimolo di riflessone importante per il professionista psicologo e psicoterapeuta, quanto per il “non addetto ai lavori” che voglia promuovere il proprio benessere e scoprire un approccio psicologico che si distanzia dalle idee diffuse nel senso comune sulla psicologia.
D. È un libro scritto a più mani dai corsisti della Scuola di Specializzazione, non potrebbe risentire di questo e mancare di unitarietà nell'impostazione complessiva?
R. Rispondiamo con una battuta: siamo molto affezionati alle teorie sul campo morfogenetico di Sheldrake e avendo percorso cinque anni di formazione assieme è difficile che l’inconscio collettivo non abbia creato saldi legami tra noi e tra quanto abbiamo scritto.
I focus centrali sono la psicosomatica e la psicologia della salute, ben presentate dalle prefazioni del Professor Bertini e del Professor Solano, e la base teorica è comune. Ognuno poi ha approfondito un aspetto che lo aveva particolarmente interessato.
Il lettore potrà avere l’idea di partire da uno stagno comune verso l’esplorazione di diversi mari. Finita l’esplorazione si torna a casa, al proprio stagno, alla propria torre (di Igea), e si racconta la propria esperienza in un dialogo multi-voce.
D. Nella prefazione vi rivolgete ad un pubblico particolarmente vasto, anche di non specialisti. È una indicazione corretta oppure il libro è interessante solo per chi si occupa di questa materia?
R. È un’indicazione corretta. Personalmente ho inserito riflessioni sulla psicologia della salute anche nei romanzi che ho pubblicato. Ho notato un grande interesse dei lettori sull’argomento e su un modo diverso di concepire la psicologia, come scienza delle relazioni. Oggi c’è fame di psicologia, e se è un bene da un lato, c’è anche il rischio di diffusione di concetti e professionalità iatrogeni. Pensiamo ai counseling condotti da persone non laureate in psicologia, o alle costellazioni familiari dove chiunque può diventare terapeuta. Oltre a ciò, sopravvive nel senso comune il pregiudizio sullo psicologo, come colui che cura la malattia mentale, o si tende a confondere la psicologia con le teorie freudiane. Non è un caso che abbia scelto il lapsus come argomento. In tal senso, essendo anche di facile lettura, può diventare divulgativo, sempre che non spaventi la voluminosità. Magari in futuro penseremo a un bignami della psicologia della salute. Immagino già il titolo di stampo commerciale, Le dieci cose di Igea che ti cambieranno la vita.
D. La pluralità delle voci (degli scritti) presenti può consentire una migliore comprensione della psicologia positiva e quindi un maggior interesse da parte dei lettori?
R. Riteniamo di sì, abbiamo scelto uno stile a metà tra il saggistico e il divulgativo.
D. L'idea di fondo del volume è quella di consentire un approccio che migliori la vita delle persone, pensa che davvero sia possibile farlo, agendo a livello individuale e non sull'intera società?
R. Penso sia possibile se si assume, come proposto nel testo, un approccio bio-psico-sociale, che coinvolge dunque anche il contesto di vita delle persone. Abbiamo nei nostri contesti più risorse di quanto pensiamo e supponiamo di avere, il più delle volte basta ri-attivare o mettere in relazione quello che già abbiamo attorno, più che cercare nuove risorse. Poi un livello non esclude l’altro, ma riteniamo che grossi cambiamenti societari siano presso che inutili se non si parte dal livello individuale. È il perenne scontro tra una visione bottom-up o top-down.
D. Quanto potrebbe essere interessante per la classe medica leggere un libro di questo genere?
R. Molto. Negli ultimi anni la nostra scuola ha avviato un’intensa sperimentazione per l’introduzione della figura dello psicologo di base accanto al medico di medicina generale. I risultati sono importanti e significativi, non da ultimo la soddisfazione dei medici nel vedere migliorato il loro lavoro. Molto dipende dall’aver preso coscienza che l’individuo è un unicum mente e corpo e sul sintomo agiscono emozioni, relazioni, stili di vita e storia di esperienze. Per l’appunto, una serie di cause bio-psico-sociali. In tal senso il libro può essere utilissimo.
D. Perché è così difficile per i medici comprendere la profonda sinergia che esiste tra mente e corpo?
R. Probabilmente per la loro formazione, che ovviamente e giustamente dà una forte prevalenza al livello biologico e farmacolgico. Ma siamo sicuri che anche noi psicologi la possiamo comprendere appieno? Non manca anche a noi una formazione al livello dei processi corporei? Non siamo limitati anche noi a comprendere appieno la sinergia? Pensiamo che la risposta sia affermativa, e non potendo formare tutti i medici alla psicologia e tutti gli psicologi alla medicina di base, ben vengano tutti i limiti e le risorse delle formazioni diverse, purché siano messe in co-presenza al livello delle cure primarie, così da accogliere l’individuo nella sua totalità. A ben vedere, la letteratura dà per consolidata la sinergia mente e corpo, ma a livello pratico è ancora lontana l’effettiva integrazione dei due livelli. C’è una co-locazione, non una integrazione.
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L'evento si colloca all'interno di una nuova opportunità offerta dall'Ordine degli Psicologi di presentare testi di interesse per la professione e la comunità.
"Costruttori di cerchi" racconta l’esperienza diretta di collaborazione con la scuola, in special modo negli istituti medi superiori dell’Emilia Romagna, con particolare riferimento alla provincia di Reggio Emilia.
Vengono descritti i progetti concreti realizzati nell’ultimo decennio, guardando, con un tono volutamente leggero, ai punti di forza e agli aspetti ancora da mettere a punto. Sportelli di ascolto, peer education, interventi di prevenzione, formazione per docenti... sono i pezzi di un puzzle di un approccio integrato al lavoro di promozione del benessere a scuola e per la scuola.
Questa carrellata diviene quindi un’occasione per fare il punto sullo stato di salute della scuola e degli operatori che con essa si interfacciano per rilanciare una visione nella quale tale collaborazione possa essere maggiormente soddisfacente e sensata per entrambi.
Sarà per certi versi un tornare a casa per l'autore, psicologo di professione e iscritto all'ente da oltre 10 anni.
Ma anche per altri motivi si tratta di un contesto familiare visto che da diverso tempo Massimiliano Anzivino collabora con una scuola del territorio bolognese, l'IPSAS Aldrovandi-Rubbiani, e con altre istituzioni sul tema della dispersione scolastica e del benessere a scuola.
"Quello che i due autori offrono all’attenzione del lettore potremmo definirlo una specie di vademecum attento e preciso, equilibrato, ma senza sconti e non scontato. Un vademecum che cerca di condurre a un’eventuale presa di coscienza. Un vademecum che divulga, per mezzo della scrittura, la necessità di restare vigili e attenti nel rischioso ambito della relazione di coppia: una messa in allarme che può risultare difficile da comunicare al di fuori di un percorso analitico..." (dalla Prefazione di Dacia Maraini)
Pascale Chapaux-Morelli è presidente della A.A.V.V.P., un’associazione di aiuto alle vittime di violenza psicologica con sede principale in Francia.
Pascal Couderc
è psicoanalista, psicologo clinico e specialista delle dipendenze patologiche.
Attualmente il modello più diffuso sostiene che la medicina si debba occupare della malattia (desease centered), intesa come alterazione dalla norma di variabili biologiche, somatiche misurabili. Al medico compete definire la presenza di una patologia nei malati, tramite una diagnosi e di intervenire con un piano terapeutico dimostrato scientificamente. Il punto di vista del paziente sulla sua malattia e la sua condizione di sentirsi malato non sono tenuti in considerazione e addirittura in molti casi ritenuti ostacoli nel processo diagnostico. Il medico, infatti, più che un alleato, è spesso percepito come un esperto che parla un linguaggio poco comprensibile e che combatte la malattia con le armi che la tecnologia gli ha consegnato.
La “medicina centrata sul paziente”, implica invece una prospettiva in cui il malato è al centro dell’attenzione ed è protagonista. Il modello patient centered non si limita
solamente ad un cambiamento a livello teorico ma propone obiettivi specifici per il medico, e individua gli strumenti pratici e i percorsi adeguati per acquisire tali strumenti.
In questo modello acquisiscono pari importanza e rilevanza sia la patologia del malato in senso biologico, sia il suo vissuto di malattia.
Una visita medica fondata su un metodo patient centered vede il malato coinvolto attivamente, con le sue paure, preoccupazioni bisogni, articolati nella relazione con il medico che dovrà comprendere in toto il suo paziente.
La partecipazione attiva del paziente non sostituisce le competenze del medico ma al contrario le arricchisce al fine di conoscere il vissuto del malato.
Nel presente lavoro si è puntata quindi l’attenzione all’aspetto comunicativo della relazione tra medico e paziente, quale strumento fondamentale nel processo di cura; saper comunicare fa parte del bagaglio culturale del medico, a tutti i livelli e rappresenta un caposaldo fondamentale per l’instaurarsi di una relazione empatica, di una buona compliance da parte del paziente nel percorso di diagnosi e di cura.
Questo libro, offre una visione chiara dei due approcci e si focalizza attraverso esempi pratici, frutto di ricerca avvenuta sul campo, sugli alcuni dettagli della comunicazione tra medico e paziente che possono incidere positivamente sul processo di accettazione, comprensione e vissuto della condizione di malattia.
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Il libro nasce da un’esperienza concreta ed ha l’obiettivo, rivolgendosi a tutti e quindi non solo al lettore professionalmente interessato a questa tematica, di affrontare ed analizzare in modo innovativo, una delle più controverse e spinose problematiche che l’umanità si è trovata a fronteggiare: la pedofilia.
Il testo si cala nella profondità più celata ed oscura del pedofilo rispondendo all’interrogativo più grande che la collettività si pone di fronte a comportamenti così spregevoli, ovvero cosa possa spingere un adulto a provare interesse sessuale nei confronti di un minore.
Perché il tarlo e la quercia?
Il pedofilo rimanda all’immagine della quercia, albero dalla struttura nodosa, pesante e dura, per la corazza impenetrabile che si è costruito nel tempo. Le sue fantasie devianti sul minore, il desiderio martellante di sopraffazione, richiamano l’azione corrosiva del tarlo. Ma attraverso la terapia un nuovo tarlo si insinua: il rimorso, la vergogna, l’immedesimazione nell’altro, la coscienza.
Il libro è la descrizione di un processo di cambiamento, attraverso la riflessione retrospettiva dei suoi protagonisti. Questi, divenuti consapevoli della loro devianza e del bisogno di aiuto, si sono messi a nudo, hanno scavato nella loro interiorità, per comprendere e far comprendere i propri meccanismi mentali, a vantaggio della ricerca e della possibilità di cura.
Felicia Cataldi è nata a Siracusa, dove vive e lavora.
Laureata in Servizio Sociale presso l’Università degli Studi di Trieste è iscritta all’Albo Professionale degli Assistenti Sociali della Regione Sicilia. Funzionario dell’Amministrazione Penitenziaria, dal 2003 è Responsabile dell’Area educativa della Casa Circondariale di Siracusa.
Teresa Tringali è nata a Caltagirone, vive e lavora a Siracusa.
Laureata in Psicologia presso l’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma, è iscritta all’Ordine degli Psicologi e degli Psicoterapeuti della
Regione Sicilia. Terapeuta E.M.D.R., libero professionista, dal 2003 Esperto presso la Casa Circondariale di Siracusa e la Casa di Reclusione di Augusta.
Insieme alle autrici interverranno:
Dott. Emanuele Schiavo (Assessore alle Politiche Sociali Comune di Siracusa)
Avv. Sofia Amoddio (Onorevole alla Camera dei Deputati)
Avv. Salvatore Bianca (Presidente Camera Avvocati Tributaristi di Siracusa)
Don Fortunato Di Noto (Presidente di Meter onlus a tutela dell’infanzia)
Prof. Maurizio Guarneri (Docente Istituto di Psicanalisi di Gruppo di Palermo)
Dott.ssa Paola Iacono (Direttore F.F. N.P.I.A. ASP Siracusa)
Valentina Territo leggerà pagine del libro
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Il libro nasce da un’esperienza concreta, è infatti il frutto di un lavoro conoscitivo e terapeutico con gruppi di detenuti autori di reati sessuali contro minori, in corso ormai da cinque anni, presso la Casa Circondariale di Siracusa, ed ha l’obiettivo, rivolgendosi a tutti e quindi non solo al lettore professionalmente interessato a questa tematica, di affrontare ed analizzare in modo innovativo, una delle più controverse e spinose problematiche che l’umanità si è trovata a fronteggiare: la pedofilia.
Esso vuole divulgare la grande quantità di dati raccolti, che mettono in luce significative costanti collegabili al fenomeno della pedofilia, testimoniare la reale possibilità di una trasformazione dei meccanismi mentali, tipici dello stile di pensiero del pedofilo e, quindi, incoraggiare la riflessione sulla necessità di un trattamento che, pur senza la pretesa di rappresentare una soluzione unica al problema, può certamente incidere su questa forma di devianza sessuale, attenuando l’alto rischio di recidiva ad essa connesso.
Inoltre, la descrizione dettagliata del processo nel suo divenire può fornire al lettore una chiave per la comprensione, sul piano psicologico, di una devianza tanto diffusa e stratificata nelle varie classi sociali, quanto sommersa ed oscura.
Nella sua prefazione al testo Don Fortunato Di Noto presidente di Meter onlus a tutela dell'infanzia definisce la pedofilia: "...un fenomeno ad alto impatto emotivo,
che ingenera notevole allarme sociale. Essa suscita diverse e contrastanti emozioni che vanno dall’incredulità all’indignazione, alla paura, al ribrezzo verso gli autori di tale forma di perversione e di violenza sessuale, e, attraverso lo stigma,
determina la rimozione dalla coscienza collettiva di una problematica
così angosciante, complessa ed articolata. Tuttavia - prosegue -
in un approccio globale di prevenzione e protezione delle vittime, oltre alla cura ed al trattamento del minore, occorre intervenire, parallelamente, sull'abusante e sulla relazione deviante che lo lega alla “vittima”, caratterizzata e sostenuta da un flusso inarrestabile di impulsi, fantasie e pensieri, orientati ad avere contatti sessuali con bambini. Solo ed esclusivamente attraverso un trattamento specifico, che bersagli gli schemi di pensiero disfunzionali, i meccanismi che preservano l’abusante dalla percezione della distruttività dei propri impulsi perversi, è possibile diminuire il rischio di reiterazione dei comportamenti di abuso"
Perché Il tarlo e la quercia? Il pedofilo rimanda all’immagine della quercia, albero dalla struttura nodosa, pesante e dura, per la corazza impenetrabile che si è costruito nel tempo. Le sue fantasie devianti sul minore, il desiderio martellante di sopraffazione, richiamano l’azione corrosiva del tarlo. Ma attraverso la terapia un nuovo tarlo si insinua: il rimorso, la vergogna, l’immedesimazione nell’altro, la coscienza.
Il libro è la descrizione di un processo di cambiamento, attraverso la riflessione retrospettiva dei suoi protagonisti. Questi, divenuti consapevoli della loro devianza e del bisogno di aiuto, si sono messi a nudo, hanno scavato nella loro interiorità, per comprendere e far comprendere i propri meccanismi mentali, a vantaggio della ricerca e della possibilità di cura.
"Le autrici descrivono con precisione un’esperienza terapeutica di un gruppo di pedofili all’interno del carcere di Siracusa, dimostrando come la detenzione possa essere, oltre che un periodo di espiazione, un’occasione per questi soggetti di confrontarsi con il proprio problema e cercare di risolverlo in modo da tornare in società e non ripetere il comportamento perverso. Le autrici espongono con passione e impegno le varie fasi del percorso terapeutico e, a seguito di una profonda riflessione ed elaborazione, mettono a punto un metodo di lavoro, un modello di trattamento che, in quanto tale, può essere comunicato, trasmesso e riproposto in altri contesti"
Prof. Maurizio Guarneri Psicoanalista Spi, Docente dell’Istituto di Psicoanalisi di Gruppo di Palermo
"Il tarlo e la quercia racconta, in maniera originale e fedele,
i vissuti di persone che, attraverso un percorso di terapia di
gruppo, affrontano la difficoltà di uscire dal tunnel della devianza
sessuale. L’aver mantenuto intatto, genuino, il racconto
dei protagonisti, rende questo testo un piccolo gioiello di
testimonianza; attraverso la compenetrazione nei passaggi più
signifi cativi, cogliamo appieno il percorso di cambiamento affrontato
dai protagonisti, una via crucis di redenzione che li
porta a chiedere a gran voce aiuto anche al termine dell’esperienza
carceraria."
Dottoressa Paola Iacono Direttore F.F.N.P.I.A. ASP Siracusa
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Il libro si rivolge a tutti gli operatori di diversa professionalità che in ambito sia sociale che sanitario svolgono attività di accoglienza, presa in carico e cura di stranieri, siano essi migranti per
motivi economici, richiedenti asilo, minori non accompagnati, rifugiati. Riassume il lavoro svolto da maggio 2011 a febbraio 2013, periodo di tempo in cui Rosamaria Vitale ha collaborato a quella che è stata definita dal Ministero dell’Interno “Emergenza Nord d'Africa”. I dati, le osservazioni, i colloqui, presentati nel libro, sono il resoconto di quanto è avvenuto in quei ventidue mesi trascorsi nei vari centri di accoglienza di Milano presso i quali l'autrice ha lavorato.
Partendo dall’analisi di una situazione di emergenza che si è verificata in Italia nel corso 2011, in seguito alle ribellioni che hanno caratterizzato i paesi del Nord Africa portando un afflusso improvviso di circa 50.000 migranti, il libro intende mostrare attraverso esempi concreti come l’utilizzo di una precisa metodologia di lavoro transculturale faciliti una buona “accoglienza”, anche in situazioni molto difficili, e ponga le basi per buoni percorsi di integrazione.
Il contesto da cui la ricerca ha preso l’avvio è quindi quello di uno screening psico-culturale effettuato nell’ambito di una emergenza umanitaria, politica e sociale, che ha visto come protagoniste ondate anomale di richiedenti asilo che si muovevano nella quotidianità di piccoli paesi e grandi città di tutta Italia; dunque una “emergenza umanitaria” nel nostro territorio nazionale.
Nel libro sono presentate tecniche e strumenti che permettono all’operatore di entrare in contatto con la persona straniera in modo veloce ma empatico, di fare una valutazione immediata sia dei problemi psicologici che sociali, di intravederne gli sviluppi possibili in ambedue i campi e di instaurare quindi una corretta presa in carico, nel caso si evidenziasse la necessità di un intervento terapeutico, ed un adeguato accompagnamento nell’inserimento sociale e lavorativo per tutti.
Il lavoro pratico è esemplificato da quindici esempi, dieci dei quali sono storie di migranti senza alcuna patologia e cinque invece sono rappresentative di episodi psicopatologici rilevati durante la permanenza nei centri. I test e la scheda dell’identikit culturale hanno permesso di annotare le caratteristiche psico-culturali di ciascun migrante e di conoscere la sua visione del mondo. La descrizione del metodo è anche un occasione per
manualizzare la tecnica di incontro transculturale.
Questo lavoro con immigrati richiedenti asilo è stata anche occasione per “mettere alla prova”, l’apporto dottrinario delle nuove posizioni mentali che sono richieste a tutti gli operatori nell’affrontare i processi transculturali ormai ineludibili sia per chi opera in determinati contesti, abituati alla cultura occidentale in continua evoluzione, sia per gli abitanti di altre culture coinvolte in radicali cambiamenti.
Ogni scheda compilata racconta di vicende umane di migranti, a volte drammatiche, e della loro speranza di una vita migliore e di come ciascuno di loro abbia avuto motivazioni, situazioni e percorsi diversi. Nel libro si evidenzia come purtroppo soltanto pochi di essi si rendessero effettivamente conto di quanto sarebbe stato difficile vedere realizzati i loro obiettivi: lavoro, soldi, casa.