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Redazione

Psicosomatica e Psicologia della Salute: intervista a Giovanni Garufi Bozza

copertina la torre di igeaLa Torre di Igea. Psicosomatica e psicologia della salute a cura di Giovanni Garufi Bozza è un testo nato dalle tesine d’esame degli allievi del primo anno di scuola del corso di Psicologia della Salute di Roma, con sede a Orvieto e vuole essere un’occasione di riflessione su questa area psicologica. A pochi giorni dalla sua uscita in libreria intervistiamo Giovanni Garufi Bozza.


D. Il libro si occupa di psicologia positiva, a chi potrebbe interessare la psicologia positiva?
R. Più che di psicologia positiva parlerei di Psicologia della Salute, che è il suo
nome riconosciuto internazionalmente.
Riteniamo possa interessare tanto ai professionisti quanto ai non professionisti. È un approccio che mette al centro il ben-essere personale e il miglioramento della qualità della vita. In tal senso si vedono le risorse di individui e i contesti, si esce dal modello malattia (il dominio di Panacea) e si entra nel modello salute, territorio di Igea. Si esce dall’idea della prevenzione, che implica comunque la presenza di un danno da evitare, e si entra in quella della promozione, che centra l’attenzione sulle potenzialità del singolo e del contesto.
Può dunque essere uno stimolo di riflessone importante per il professionista psicologo e psicoterapeuta, quanto per il “non addetto ai lavori” che voglia promuovere il proprio benessere e scoprire un approccio psicologico che si distanzia dalle idee diffuse nel senso comune sulla psicologia.

Garufi Bozza 2D. È un libro scritto a più mani dai corsisti della Scuola di Specializzazione, non potrebbe risentire di questo e mancare di unitarietà nell'impostazione complessiva?
R. Rispondiamo con una battuta: siamo molto affezionati alle teorie sul campo morfogenetico di Sheldrake e avendo percorso cinque anni di formazione assieme è difficile che l’inconscio collettivo non abbia creato saldi legami tra noi e tra quanto abbiamo scritto.
I focus centrali sono la psicosomatica e la psicologia della salute, ben presentate dalle prefazioni del Professor Bertini e del Professor Solano, e la base teorica è comune. Ognuno poi ha approfondito un aspetto che lo aveva particolarmente interessato.
Il lettore potrà avere l’idea di partire da uno stagno comune verso l’esplorazione di diversi mari. Finita l’esplorazione si torna a casa, al proprio stagno, alla propria torre (di Igea), e si racconta la propria esperienza in un dialogo multi-voce.

D. Nella prefazione vi rivolgete ad un pubblico particolarmente vasto, anche di non specialisti. È una indicazione corretta oppure il libro è interessante solo per chi si occupa di questa materia?
R. È un’indicazione corretta. Personalmente ho inserito riflessioni sulla psicologia della salute anche nei romanzi che ho pubblicato. Ho notato un grande interesse dei lettori sull’argomento e su un modo diverso di concepire la psicologia, come scienza delle relazioni. Oggi c’è fame di psicologia, e se è un bene da un lato, c’è anche il rischio di diffusione di concetti e professionalità iatrogeni. Pensiamo ai counseling condotti da persone non laureate in psicologia, o alle costellazioni familiari dove chiunque può diventare terapeuta. Oltre a ciò, sopravvive nel senso comune il pregiudizio sullo psicologo, come colui che cura la malattia mentale, o si tende a confondere la psicologia con le teorie freudiane. Non è un caso che abbia scelto il lapsus come argomento. In tal senso, essendo anche di facile lettura, può diventare divulgativo, sempre che non spaventi la voluminosità. Magari in futuro penseremo a un bignami della psicologia della salute. Immagino già il titolo di stampo commerciale, Le dieci cose di Igea che ti cambieranno la vita.

D. La pluralità delle voci (degli scritti) presenti può consentire una migliore comprensione della psicologia positiva e quindi un maggior interesse da parte dei lettori?
R. Riteniamo di sì, abbiamo scelto uno stile a metà tra il saggistico e il divulgativo.


D. L'idea di fondo del volume è quella di consentire un approccio che migliori la vita delle persone, pensa che davvero sia possibile farlo, agendo a livello individuale e non sull'intera società?

R. Penso sia possibile se si assume, come proposto nel testo, un approccio bio-psico-sociale, che coinvolge dunque anche il contesto di vita delle persone. Abbiamo nei nostri contesti più risorse di quanto pensiamo e supponiamo di avere, il più delle volte basta ri-attivare o mettere in relazione quello che già abbiamo attorno, più che cercare nuove risorse. Poi un livello non esclude l’altro, ma riteniamo che grossi cambiamenti societari siano presso che inutili se non si parte dal livello individuale. È il perenne scontro tra una visione bottom-up o top-down.

D. Quanto potrebbe essere interessante per la classe medica leggere un libro di questo genere?
R. Molto. Negli ultimi anni la nostra scuola ha avviato un’intensa sperimentazione per l’introduzione della figura dello psicologo di base accanto al medico di medicina generale. I risultati sono importanti e significativi, non da ultimo la soddisfazione dei medici nel vedere migliorato il loro lavoro. Molto dipende dall’aver preso coscienza che l’individuo è un unicum mente e corpo e sul sintomo agiscono emozioni, relazioni, stili di vita e storia di esperienze. Per l’appunto, una serie di cause bio-psico-sociali. In tal senso il libro può essere utilissimo.

D. Perché è così difficile per i medici comprendere la profonda sinergia che esiste tra mente e corpo?
R. Probabilmente per la loro formazione, che ovviamente e giustamente dà una forte prevalenza al livello biologico e farmacolgico. Ma siamo sicuri che anche noi psicologi la possiamo comprendere appieno? Non manca anche a noi una formazione al livello dei processi corporei? Non siamo limitati anche noi a comprendere appieno la sinergia? Pensiamo che la risposta sia affermativa, e non potendo formare tutti i medici alla psicologia e tutti gli psicologi alla medicina di base, ben vengano tutti i limiti e le risorse delle formazioni diverse, purché siano messe in co-presenza al livello delle cure primarie, così da accogliere l’individuo nella sua totalità. A ben vedere, la letteratura dà per consolidata la sinergia mente e corpo, ma a livello pratico è ancora lontana l’effettiva integrazione dei due livelli. C’è una co-locazione, non una integrazione.


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