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Strategie di relazione con l'utente psichiatrico: intervista a Ilaria Zeppi

frontespizio copertina riabilitazione psichiatrica sitoStrategie di relazione con l'utente psichiatrico di Ilaria Zeppi è una novità della collana Strumenti di Edizioni Psiconline.
Finalità del presente volume non è quella di illustrare la metodologia operativa nel contesto psichiatrico né quella di sostenere un modello di intervento in riabilitazione: il testo disvela piuttosto il segreto di un'ottimale riuscita del progetto terapeutico-riabilitativo quale funzione della relazione umana ed empatica tra utenza ed operatori.
Forte della lunga esperienza in psichiatria e del feedback offerto dagli stessi utenti del servizio di salute mentale, l'autrice delinea gli elementi imprescindibili del lavoro in psichiatria affinché l'utente non si senta umiliato, abusato e disperso entro le pareti della comunità psichiatrica deputata ad accoglierlo.
Intervistiamo Ilaria Zeppi per approfondire gli argomenti trattati nel volume.

D. Come è strutturato il volume e a chi si rivolge?
R. Il volume è strutturato in 6 capitoli, ciascuno dedicato ad un aspetto della presa in carico comunitaria dell’utente psichiatrico. I primi tre capitoli si concentrano rispettivamente sulla modalità più adeguata adottabile dalla struttura per restituire qualificazione e speranza al Sé frammentato dell’individuo, sull’attenzione doverosa a rimandare al paziente una chiarezza progettuale riabilitativa e a non incappare in mosse o messaggi ambivalenti, sulla mitigazione delle varie fonti di frustrazione sperimentabili da parte dell’utente nel contesto comunitario. Il quarto capitolo offre una possibilità di interpretazione cognitivo-causale del delirio del paziente, a partire da aree tematiche e motivazionali ricorrenti che rimandano all’interesse prioritario dell’utente stesso. Il quinto capitolo osserva come la struttura possa facilmente riprodurre dinamiche disfunzionali di tipo relazionale già incontrate dall’utente nel suo ambito familiare e suggerisce come evitarle, a partire proprio dalle modalità tipiche di sabotaggio del progetto operate dalla famiglia. Il sesto capitolo è specificatamente orientato ad offrire suggerimenti di psicoeducazione in relazione all’ansia e al disagio e di integrazione della spiritualità in fase di assessment e di riabilitazione dell’utente; viene ivi indicato come incoraggiare il paziente a superare le qualità destrutturanti dell’esperienza traumatica psicotica e collocare tale evento con una sua significatività entro una più consapevole e matura narrazione della sua storia di vita.

Ilaria ZeppiD. Qual è lo scopo di questa pubblicazione?
R. La pubblicazione ha lo scopo di sostenere nel loro operato e nell’esperienza del vissuto psicotico tutto il personale della salute mentale e le famiglie, e di fornire loro utili indicazioni per approcciare l’utente psichiatrico entro le pareti domestiche, in fase di accoglienza, inserimento all’interno di una struttura riabilitativa e di restituzione al tessuto sociale. La pubblicazione si rivolge altresì ai docenti e agli allievi in formazione di Psicologia,Psicoterapia e Psichiatria, Educatori Professionali, Infermieri e Tecnici della Riabilitazione Psichiatrica. Il testo ha una caratterizzazione che supera quella dei tradizionali manuali tecnico-operativi e si pone la finalità di sottolineare maggiormente le caratteristiche di presa in carico relazionale dell’utente.

D. Quali sono le richieste di un paziente psichiatrico che si rivolge ad una struttura per la riabilitazione?
R. L’utente psichiatrico lamenta spesso l’assenza di un autentico interesse per la sua specificità e per la sua esperienza di vita. Egli avanza la richiesta di poter sentire di affidarsi realmente a qualcuno che lo abbia a  cuore, che lo sostenga tanto nelle esigenze pratiche quanto nel contenimento delle ansie e del disagio della quotidianità. Egli ha bisogno di avvertire innanzitutto una volontà di avvicinamento umano da parte degli operatori, attenzione per la sua particolarità e per le sue idiosincrasie, espressioni di lealtà e di coinvolgimento reale, una qualità vibrante della relazione. In secondo luogo, l’utente ha bisogno che siano garantiti professionalità, una chiara strutturazione dei tempi e delle attività, ed una precisa definizione tanto diagnostica  quanto del suo progetto riabilitativo, oltre che, chiaramente, la possibilità di discutere con il medico la farmacoterapia che gli viene somministrata.

D. Quale dovrebbe essere l’approccio dell’operatore psichiatrico con il paziente?
R. Si auspica che l’operatore psichiatrico sia sempre adeguatamente formato per accogliere l’esperienza psicotica, specie dal punto di vista emozionale e relazionale: l’approccio deve non essere confuso, eccessivamente improntato sul controllo, frammentato tra i membri dell’équipe, reso incoerente nelle indicazioni date e “scisso” tra fazioni diverse di pensiero e di atteggiamento. Il paziente ha bisogno di una chiara definizione delle regole, delle aspettative che si hanno nei suoi confronti, di una giusta armonizzazione dei confini, di una moderata autoapertura da parte degli operatori e soprattutto di sentire che esiste uno spazio, nella struttura, dove egli può davvero, nella relazione di volta in volta diadica con i membri dell’équipe, essere uniformemente compreso, interpretato ed aiutato a riconnettersi alla sua stessa esistenza. Lo scopo ultimo, impedendo il determinarsi di mistificazione e di nascondimenti, è quello di restituire al paziente la capacità di scelta e di autodeterminazione nella selezione e nel mantenimento dei propri obiettivi riabilitativi.

D. Quali caratteristiche possono essere definite ottimali nella relazione tra i membri dell’équipe e l’utente psichiatrico per favorire la buona riuscita del trattamento riabilitativo?
R. L’utente psichiatrico deve avvertire che le frustrazioni che esperisce all’interno della struttura non siano direttamente riconducibili alla scarsa definizione della progettualità riabilitativa che lo concerne. Pur ammettendo che esistano doverosi tempi di attesa cui il paziente deve adattarsi prima che venga conosciuto dalla struttura e che venga formulato per lui un preciso progetto riabilitativo individualizzato, egli ha bisogno di sentire che i membri dell’équipe siano coesi nell’operato e nelle richieste di cambiamento, che si muovano in un’identica direzione anche rispetto agli atteggiamenti e alle caratteristiche della relazione che intrattengono con lui. Pertanto coesione, fermezza, professionalità, direzionalità precisa dell’operatività, condivisione, apertura e chiara definizione dei confini relazioni attesi impediranno ai membri dell’équipe di scivolare verso espressioni disadattive quali lo scoraggiamento, la svalutazione, l’etichettamento del paziente, se non addirittura la divisione interna in fazioni separate e approcci al paziente in conflitto tra loro.

D. Quali sono le dinamiche relazionali disfunzionali che spesso si verificano all’interno della struttura dove è in cura il paziente psichiatrico?
R. Per lo più si tratta di dinamiche che riproducono la disfunzionalità del nucleo familiare del paziente: alta emotività espressa tra i membri dell’équipe razionalizzata facendo appello alla diversa formazione psicologica; giochi psicotici attuati dal paziente e sostenuti dall’équipe del tipo “esclusione dell’operatore percepito come rivale/ostile/oggetto di invidia/persecutorio” e contemporanea “affiliazione complice all’operatore accudente/simbiotico/manipolabile per i propri scopi”; sfogo legittimato di frustrazioni sul paziente, ottenendo l’accentuazione dell’ideazione paranoidea da parte dello stesso; eccesso di svalorizzazioni progressive come esito dell’assenza di cambiamento; presa in carico onnipotente dell’utente da parte di un unico membro dell’équipe con la denigrazione dell’operato altrui.

D. Il testo introduce un’analisi motivazionale delle tematiche del delirio addotte dal paziente. In che cosa consiste tale analisi?
R. Già la terapia cognitivo-comportamentale ha prodotto indicazioni circa l’interpretazione cognitiva del delirio psicotico e la sua potenziale confutazione tramite riconduzione moderata alla realtà. Il testo analizza i contenuti deliranti di alcuni pazienti alla luce di cinque aree di interesse prioritario, dimostrando come il delirio si mostri sempre contenutisticamente aderente a quella che è la sfera motivazionale del paziente, e suggerendo come sia possibile ridurre l’intensità delle tematiche addotte nel contesto del delirio manifestando profondo interesse per le motivazioni nucleari del paziente, rispettandole ed incoraggiandone la graduale rettifica dell’intendimento. Il paziente viene così condotto lentamente a ridimensionare la potenza del suo giudizio errato di realtà entro una cornice relazionale di reale interesse e comprensione per la sfera della sua motivazione esistenziale.

D. In ultimo, il testo analizza la possibilità di integrazione della spiritualità con una presa in carico di tipo prettamente cognitivo-comportamentale…
R. Sì. Il testo si conclude con una proposta di introduzione sia in fase di assessment che di presa in carico riabilitativa di contenuti derivanti dalla spiritualità, giacché si ritiene che sia utile per il paziente non tanto potersi affidare a pratiche religiose quanto far riferimento ad una più profonda significazione dell’esistenza umana, sì da restituire un senso particolare alla sua esperienza psicotica e ricollocarla entro la propria storia personale, alimentando coraggio, autodeterminazione e speranza per il futuro.

 

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