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Redazione

Storie borderline della mia pipa al Festival delle Letterature dell'Adriatico - Pescara


Storie_BorderlineStorie borderline della mia pipa di Enrico Magni -
 Edizioni Psiconline, al Festival delle Letterature dell'Adriatico domenica 9 novembre 2014 alle 17,00 presso il Circolo Aternino - Sala Arancio in Piazza Garibaldi - Pescara.



festival-delle-letterature-dell-adriatico-pescaraLa dodicesima edizione del Festival delle Letterature dell'Adriatico che si svolgerà a Pescara dal 6 al 9 novembre, vedrà la partecipazione delle case editrici abruzzesi che avranno la possibilità di dare visibilità alle loro opere partecipando alla sezione "Abruzzo L.O.C. - Letteratura di Origine Controllata".


Storie borderline della mia pipa, sei storie vere, raccontate da un reporter o da uno psicoterapeuta.
Le storie nascono dal caso e dall'incontro, così come la pipa e il tabacco generano il fumo o come il contenuto e il contenitore producono un significato dando forma all'informe.


Un ascoltatore ed il suo interlocutore. Una storia che fluisce e s’intreccia ad emozioni e pensieri forti. Il bisogno di raccontare ed essere ascoltati e lo sforzo di chi tenta di non sfuggire e non giudicare. Una relazione: tra chi ha qualcosa di importante da dire ed un professionista che cerca di registrare tutto ciò che gli viene proiettato addosso.
È questo il filo conduttore di ognuna delle sei storie presentate nel libro di Magni: un reporter ascolta (o legge) delle vicende, assolutamente diverse tra di loro, e presentate con modalità altrettanto varie.
Dalla guerra nazifascista, che ha portato via la madre del primo protagonista; al trauma di Gianni, primo attore nel secondo capitolo, e all’insorgere della sua malattia; alla vita sessuale precoce di un’adolescente, Luciana, che dimentica sbadatamente il suo diario su una panchina del parco; alle vicende di Carla, “sottomessa” psicologicamente al marito ed alla vita prestabilita, a cui cercherà di reagire; alla vita nel carcere, che rappresenta, per la sua lunghezza e la sua corposità, un romanzo nel romanzo; infine, all’adolescenza ed alle dinamiche della dipendenza da sostanze, circolo vizioso senza fine e dalle mille sfaccettature, di cui l’autore presenta “solo” quattro esempi.


Procedendo nella lettura di Storie borderline della mia pipa, vengono accentuati i discorsi degli interlocutori, come se l’autore passasse al lettore stesso il ruolo di ascoltatore e gli volesse far provare emozioni e sfaccettature della relazione in corso.
Chi legge, infatti, si sente in stretto contatto con le vicende che vengono narrate. Ciò è particolarmente forte nel penultimo capitolo: sembra proprio di attraversare i corridoi della prigione, sentire i cancelli chiudersi, di vedere con i propri occhi la stanza buia e, uno dopo l’altro, i diversi protagonisti, che ti parlano, ti fissano, ti fanno una richiesta. Li si ascolta e si provano tante di quelle emozioni, che incollano alle pagine, così come non si potrebbe scappare da quelle facce, se ci si relazionasse realmente. Anche il distacco è brutale, così come l’ultimo capitolo racconta di morti atroci, silenziose, fredde. E così come questo finale ti lascia amareggiato, così è, in fondo, la fine di ogni rapporto, in cui sono state messe in ballo molte parti di sé. Forse è proprio per questo che l’autore, in quest’ultimo capitolo, riprende uno stile più freddo, raccontando, come per la storia di Carla, una storia sentita, non vissuta direttamente, forse per il bisogno di distaccarsi egli stesso dalle inevitabili sensazioni agrodolci di quest’ultimo racconto.
Sullo sfondo di tutte le storie, inoltre, si parla del sostegno, o meno, dato dai familiari e dalla società, i pre-giudizi delle persone, in primis verso la Psicologia e la Psicoterapia. Bisogna notare, infine, che in ogni storia viene presentato lo stesso setting, tipico, tra l’altro, delle sedute psicologiche/psicoterapeutiche: una stanza, una sedia e due interlocutori. Per questo e per il tipo di relazione descritta, ma anche per il titolo stesso del libro, si potrebbe ipotizzare che l’autore si riferisca alla sua stessa esperienza da psicoterapeuta, anche se egli riesce a mantenere il dubbio fino alla fine (ed anche oltre).


enrico_magni_autore_storie_borderline_della_mia_pipaMagni usa uno stile assolutamente semplice e diretto. La presentazione delle storie è così lineare e dettagliata, da coinvolgere completamente nella lettura: le emozioni che ogni protagonista vive e le loro esperienze si proiettano anche nel lettore, fino a lasciarlo completamente avvolto nella stanza e nella narrazione, seduto su quella sedia, con quella persona di fronte, che gli chiede ascolto ed aiuto per quella sua specifica richiesta. Ciò fa di “Storie borderline della mia pipa” non un libro da poter raccontare, ma da vivere, riga dopo riga. Si trattiene il fiato fino alla fine e, quando si arriva all’ultima pagina, si resta con un turbinio di stati d’animo e sensazioni, che fanno sembrare questo un finale brusco e crudele.
Facendolo sperimentare in prima persona, Magni usa, forse, il mezzo più efficace per descrivere il suo lavoro, cos’è, in cosa consiste e cosa comporta. Il suo libro è, quindi, una vera avventura tra i meandri di una disciplina ancora oggetto di discussioni e critiche. Con questo metodo, si può ben capire cosa significa passare attraverso tante vite ed i suoi protagonisti, cosa vuol dire ascoltare con rispetto tutto quello che viene portato in questo vortice di emozioni, positive e negative, nonché quanto coraggio e quale sforzo ci vogliano per rimanere nella relazione e come si può passare ed uscire da tutto il percorso che ne consegue.


Recensione a cura della dott.ssa Alice Fusella


Il link al programma del Festival delle Letterature dell'Adriatico


Leggi alcune pagine tratte da Storie borderline delle mia pipa


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 [youtube http://www.youtube.com/watch?v=eSSVTz5qALw?feature=player_detailpage&w=640&h=360]

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Redazione

Intervista a Chiara Franci autrice di Viaggio verso la conquista

Chiara Frchiara francianci è alla sua seconda pubblicazione con Edizioni Psiconline e Viaggio verso la conquista è il suo ultimo lavoro, nella collana A Tu per Tu, 12,00 euro.


Chiara Franci ha conseguito la Laurea Specialistica in Dirigente e Coordinatore di Servizi Socio educativi e Scolastici nel novembre 2009 presso la facoltà di Scienze della Formazione di Firenze dove aveva già conseguito in precedenza la Laurea Breve Triennale in Educatore Professionale Socio-Sanitario.



Con Edizioni Psiconline ha appena pubblicato “Scoprire la Paura. Fragilità, consapevolezza, sentimento” (2013).
Ha anche pubblicato Adolescenza e Transizione: emozioni, difficoltà e conquiste (NonSoloFitness, 2010) e la monografia Un volo sulla disabilità (NonSoloFitness, 2010).


Incontriamo Chiara Franci per parlare del suo Viaggio. Quali sono le tappe da percorrere durante il nostro Viaggio verso la conquista? Quali sono gli atteggiamenti da adottare per giungere al traguardo?


logo edizioni mini“Viaggio verso la conquista”, quali sono le peculiarità del viaggio raccontate nel suo libro?


Chiara FranciIl viaggio raccontato nel mio libro, passa in rassegna tante diverse fasi e copertina_Viaggio_verso_conquista-sitopremia la costanza e l'impegno quotidiano, aggirando il caos frenetico indotto da una fretta dettata da un entusiasmo che ci può portare con facilità a “volare” via e perderci senza aver raggiunto la nostra preziosa meta. La fiducia nelle risorse e potenzialità di ciascuno di noi è un aspetto cruciale e ci aiuta a valorizzare ogni passo compiuto, tentando sempre di aggiungere belle e preziose sfumature ad un percorso che abbiamo costruito e non ci è stato regalato, per questo sarà ancora più bello gustarsi il “frutto” del viaggio che ci attenderà al traguardo.


logo edizioni miniQuali sono secondo lei le principali insidie di un “Viaggio verso la conquista”, da non sottovalutare?


Chiara FranciLe principali insidie presenti in un “Viaggio verso la conquista” da non sottovalutare sono, tutte quelle incognite che si presentano spesso all'improvviso e ci colgono impreparati, ostacolando un percorso già ricco e complesso, come ad esempio, tutti coloro che non credono in noi e si divertono a vederci cadere e a sminuirci e la fretta di avere tutto subito che ci porterà su strade sbagliate; quindi se volete un consiglio meglio munirsi di attenzione e pazienza.


logo edizioni miniNel suo libro viene data grande importanza all'impegno e alla pazienza, vuole spiegarci meglio questo aspetto?


Chiara FranciL'impegno e la pazienza, sono fondamentali, infatti senza impegno si perde il valore di un'autentica conquista e tutto ci diventerà estraneo, la fatica non è facile da vivere e accettare, ma a mio avviso dona un “sapore” speciale a tutto ciò che conquistiamo e unita alla pazienza offre uno scenario prezioso ricco di virtù.


logo edizioni miniDelegare è spesso una fastidiosa abitudine, in che modo può condizionare il viaggio raccontato nel suo libro?


Chiara FranciDelegare, ci toglie, ci priva di tante emozioni e rende il nostro viaggio distante da noi, privo della nostra “impronta” e fondamentalmente “asciutto”, non “bagnato” dalle nostre peculiarità.


logo edizioni miniLe difficoltà, fanno parte di qualsiasi viaggio verso la conquista, come si possono superare e dunque continuare motivati verso il nostro obiettivo?


Chiara FranciLe difficoltà si possono superare aggirando gli ostacoli con grinta, credendo in noi e potendo contare su amici preziosi, questo ci sosterrà anche contro i peggiori “venti” ricchi di invidia, superficialità e cattiveria, che fermeranno il loro “soffio” quando si renderanno conto che la loro fatica non servirà a niente!


logo edizioni miniSminuire una conquista è un grande rischio, come è possibile non cadere vittime di questo aspetto?


Chiara FranciSminuire una conquista è la peggior “offesa” per il nostro impegno e dunque dobbiamo abituarci a prenderci del tempo prezioso per valorizzarla e donarci un valido momento di riposo in sua “compagnia”.


logo edizioni miniIl viaggio che descrive nel suo libro è ricco di energia e positività, ma non dimentica di dare spazio alla fatica, in che modo la fatica si inserisce e completa lo scenario del particolare percorso verso la conquista?


Chiara FranciLa fatica sana e genuina, aiuta a “vivere” sulla “pelle” il peso di un impegno costante verso quello che desideriamo, è una “traccia” del percorso che abbiamo compiuto e ci rende ancor più fieri di noi!


logo edizioni miniIl valore della condivisione della conquista è un aspetto importante da lei più volte evidenziato fra le pagine del suo libro, vuole dirci qualcosa di più al riguardo?


Chiara FranciCondividere le nostre conquiste è segno di riconoscenza e umiltà nei confronti delle persone che non ci hanno mai negato un valido sostegno ed è giusto e bello non dimenticare mai, chi ha preferito rimanere con noi a lottare, invece di riposarsi in solitudine.


logo edizioni miniCome definirebbe il suo libro “Viaggio verso la conquista” avendo a disposizione poche parole?


Chiara FranciIl mio libro “Viaggio verso la conquista” è un libro che ha voluto offrire a tutti nelle tante parole che riempiono le sue pagine, una “ventata” di aria fresca, colma di energia e di positività senza superficialità, tra desiderio, fatica e tanta buona volontà !


logo edizioni miniUn messaggio a chi ha letto, sta leggendo o leggerà il suo libro



Chiara FranciGrazie a tutti i lettori di “Viaggio verso la Conquista” e alle Edizioni Psiconline; sarà bellissimo per me scoprire che magari questo libro sarà stato utile per tanti di voi, per “sentire” la conquista che desiderate più vicina e che questo, vi permetterà poi, di toccarla con mano e sorridere sempre di più nella vostra quotidianità.


Guarda la scheda del volume sul sito.

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Redazione

Viaggio verso la conquista - Chiara Franci

viaggio_verso_la_conquistaNella collana A Tu per Tu il nuovo libro di Chiara Franci: Viaggio verso la conquista.
Il titolo evoca avventura, scoperta, fatica e mete da raggiungere.
Già... ma quale viaggio stiamo per intraprendere?
Forse uno dei più ardui, il viaggio verso la conquista della realizzazione di se stessi, del sé più autentico, ma anche e come sua naturale conseguenza, della realizzazione dei propri desideri, magari a volte messi a tacere per timore di non riuscire a realizzarli.




La metafora del viaggio utilizzata in questo testo, aiuta fin da subito a calarsi in una visione del processo della conquista che premia e sottolinea l’esigenza di un notevole dispendio di energie per raggiungere il tanto desiderato traguardo.
Infatti secondo questa prospettiva ciò che riusciamo a ottenere è il frutto del nostro impegno e della nostra tenacia che ci accompagna e sostiene durante il percorso che ci siamo prefissati per giungere poi ad afferrare l’obiettivo che stimola e spinge il cammino verso la conquista.
Qual è il metodo migliore per affrontare le possibili incognite che possono ostacolare e minare la nostra avanzata verso il traguardo? Si chiede Chiara Franci
"Bisogna entrare a piccoli passi in un viaggio che presenterà gioie e sofferenze, ma che comunque merita di essere conosciuto perché noi ne siamo i protagonisti e dal nostro comportamento così come dalle nostre reazioni dipenderà l’esito dell’intero processo".

chiara franciL'autrice analizza passo dopo passo, tutte le fasi del Viaggio, perché come lei stessa afferma "per compiere un equilibrato percorso verso un nostro obiettivo non si può tralasciare nessun dettaglio perché, una piccolissima mancanza anche solo nelle fasi iniziali può compromettere l’esito dell’intero viaggio... Le fasi preliminari rivestono dunque sempre un ruolo fondamentale, perché fondano le basi del nostro futuro percorso".
Quando ci poniamo una meta la dimenticanza può essere un’incognita pericolosa che ci può fornire uno svantaggio, fondamentale quindi, sarà fare un bel respiro prima di partire per qualsiasi nostra impresa o attività e fermarsi a riflettere. Altro aspetto importante da non dimenticare prima di inoltrarsi in una nuova avventura è senza dubbio quello di essere sé stessi per non essere disorientati, così come grande importanza ha anche la motivazione ma anche l'originalità perché se un percorso si fa più complesso del previsto
bisogna avere la forza di valutare le diverse e nuove variabili.
Il nostro percorso deve essere motivato da convinzioni e motivazioni solide e la nostra famiglia e i veri amici ad esempio, possono rappresentare una “base sicura” a cui tornare e a cui appoggiarsi in caso di necessità.

Se però durante la preparazione del viaggio i momenti difficili sembrano sopraffarci dobbiamo avere la consapevolezza che i momenti difficili, sono dei “compagni” di viaggio che più o meno tutti nella vita abbiamo avuto ma che portano con sé una scia di novità che si vanno ad insinuare nella nostra routine quotidiana e modificano gli atteggiamenti e i comportamenti e le capacità e potenzialità.
Prendere consapevolezza del nostro momento di fragilità è una tappa fondamentale, del resto non possiamo combattere per sconfiggere un nemico se non sappiamo che esiste.

E una volta raggiunta la meta non resta che assaporare la nostra conquista!


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Redazione

Intervista a Najaa autrice di Ti amo anima mia. Una storia di violenza - Ed. Psiconline

Da pochi giorni è in libreria un nuovo volume della collana A Tu per Tu di Edizioni Psiconline dal titolo Ti amo anima mia. Una storia di violenza, di Najaa. Abbiamo intervistato l'autrice per farla conoscere meglio ai nostri lettori.




Ti amo anima miaIl romanzo autobiografico, è la storia di un amore finito male, di un amore malato quello di Najaa  e Sajmir.
L'autrice preferisce mantenere l'anonimato e ricorrere ad uno pseudonimo per tutelare la sua privacy perché vittima purtroppo di violenze e persecuzioni da parte del suo ex marito.
È un romanzo che suscita sentimenti molto forti: indignazione, rabbia, sconcerto, paura, tuttavia si avverte che le malvagità e violenze subite sono state rielaborate e metabolizzate, sicuramente con un duro e difficile lavoro che l'autrice ha compiuto su se stessa, tanto da raccontarle con estrema lucidità.
Non mancano pagine di vera e propria poesia, laddove Najaa ci regala i suoi sentimenti più intimi e profondi, l'incontro con Sajmir, la sua avvenenza, la scoperta reciproca e l'amore fisico, pagine d'amore che stridono con il prosieguo del racconto, con gli avvenimenti successivi, con le violenze psicologiche e fisiche subite.

Un libro che cattura il lettore e che sicuramente farà parlare di sé, perché ci obbliga a non chiudere gli occhi di fronte a fenomeni di violenza, di cui purtroppo le pagine di cronaca ci danno notizia quasi quotidianamente.

Siamo lieti di pubblicare l'intervista che Najaa ci ha rilasciato, sperando di rispondere, in parte, alle curiosità dei lettori.

 

logo edizioni miniTi ringraziamo innanzitutto della tua disponibilità.Il libro è autobiografico, molto intenso e coinvolgente, mantenendo ovviamente, l'anonimato, vorremmo conoscere le ragioni che ti hanno spinta a raccontare le tue vicende personali, la tua storia.Come sei riuscita a superare la naturale ritrosia che ciascuno ha a raccontare la sua sofferenza?

Intervista a NajaaProbabilmente ognuno ha una propria reazione verso la sofferenza e un conseguente modo di rapportarsi con essa, per cercare di abbatterla.
Per me è stato naturale, se non d'obbligo, parlarne, scriverne. Ho sentito il bisogno assoluto di non tacere, perché non volevo innanzitutto coprire l'uomo che non meritava il silenzio del suo modo di essere e di agire, dopo tutto quello che mi aveva fatto, inoltre scrivere della mia sofferenza mi ha davvero aiutata ad esorcizzarla. Ero persa, totalmente sola con i miei mostri e i miei sbagli. Mi sentivo a terra, avvolta da un enorme panno grigio che rappresentava il vuoto in cui ero sprofondata e avevo bisogno di aggrapparmi a qualcosa. Allora mi mettevo qui, davanti al computer e scrivevo. Ripercorrevo tutto dall'inizio per comprendermi, per non lasciare che fossero gli altri a giudicarmi ma semplicemente io stessa.
Questo è stato fondamentale. Terapeutico direi. Mi ha aiutata a capire molto di me, del mio passato, dei meccanismi che scattano nella mente, dei bisogni, delle fragilità ma anche a scoprire una forza che nemmeno pensavo di avere, nonché un'estrema voglia di rinascita.


logo edizioni miniQual è il meccanismo che ti ha aiutata a staccarti da quell'uomo nonostante una evidente dipendenza affettiva?


Intervista a NajaaNon credo si possa parlare di un meccanismo, bensì di un modo di essere.
Ho letto di tante storie simili e parlato con altre persone che non riescono a reagire o che forse nemmeno lo vogliono.
Io al primo schiaffo ho capito che sarei dovuta scappare da quell'uomo immediatamente o forse ancor prima: dalle precedenti ossessioni, gelosie, intimidazioni.
A volte semplicemente facciamo finta di non sapere, di non capire e ci prendiamo in giro. L’ ho fatto anch’io ma in realtà ero oppressa, seppur succube e dipendente e non mi ci ritrovavo in quella sofferenza.
Più guardavo il mio viso devastato nello specchio e i miei occhi colmi di ansie e paure, più mi promettevo di doverne uscire e al più presto, ma non era semplice.
Come scrivo nel libro, ci vuole coraggio, sì, ma anche sicuramente fortuna.
Perdere la vita in queste situazioni è un attimo e non si può assolutamente agire d’istinto.


logo edizioni miniScrivere è stata forse una componente fondamentale per uscire dalla dipendenza affettiva?


Intervista a NajaaScrivere mi appartiene da sempre. Lo preferisco ad altre forme di comunicazione.
La dipendenza affettiva si è conclusa prima.
Quella si interrompe solo se lo si vuole veramente ed io ho lavorato molto su me stessa per riuscirci e prima di potermi mettere a scrivere e poi ho sicuramente continuato, durante tutta la stesura del testo.
È stata comunque una componente molto importante, che mi ha alleggerita la pena, mi ha dato modo di guardare in faccia tutta la storia vedendo realmente quello che era e l’ho preferito sicuramente come metodo, rispetto alle sedute terapeutiche dallo psicologo.


logo edizioni miniPensi di essere guarita o sei ancora a rischio?


 

Intervista a NajaaNon so come rispondere a questa domanda.
Se essere guarita significa non dipendere più dagli altri, non cadere più in un amore tormentato e malato come quello passato, credo proprio di sì, anche se poi spesso si cade proprio sul "non mi capiterà mai" o in questo caso "mai più".
Se significa non pensare più a "lui", non avere più incubi, né ansie, allora credo che non guarirò mai completamente.
Ci sono emozioni e ferite che restano incastrate dentro di noi.
Sono tatuaggi che stanno lì, dove sono stati infiltrati, a ricordarci quello che è successo, che abbiamo vissuto. Quello che siamo stati in un preciso momento della nostra vita e credo sia importante che, non scolorino mai completamente.


logo edizioni miniTi senti pronta a rimetterti in gioco con il mondo maschile dopo una esperienza di questo genere o pensi sia meglio per il momento pensare a te stessa?


Intervista a NajaaHo passato lunghi periodi di solitudine, di chiusura col mondo maschile o più esattamente col mondo in generale, ma è stata una scelta.
Avevo bisogno di riprendere in mano la mia vita, la mia anima e rimettere in sesto anche il corpo, dopo tutto quello che era stato costretto a subire, tra digiuni, notti insonni e tutto il resto.
Uscire o stare a contatto con le persone non mi dava nulla se non altra insofferenza, perché avevo bisogno di stare semplicemente con me stessa, straziarmi alcune sere e coccolarmi altre, con la consapevolezza, che sarei stata l'unica in grado di poterlo fare completamente.
È stato un percorso graduale. Ora, a distanza di qualche anno, sono maggiormente predisposta ad eventuali nuovi incontri ma sicuramente anteponendomi agli altri.
So bene, insomma, quanto sia importante essere la mia priorità.
Probabilmente ho perso parte della dolcezza e dell'ingenuità che avevo un tempo. Difficilmente riesco a lasciarmi andare e a liberare la mente ma credo di non odiare il genere maschile o meglio credo di amare molto l'amore ed essendo una sognatrice, anche se non ci credo più, in un angolo segreto del cuore spero ancora di poterlo vivere in maniera forte e coinvolgente.


logo edizioni miniQuali sentimenti sono scaturiti da questa esperienza? Cosa hai provato e cosa provi adesso?


Intervista a NajaaAll'inizio ho provato rabbia, delusione, frustrazione, impotenza, forse vergogna ma poi è passato quasi tutto o perlomeno si è affievolito, lasciando spazio ad altri sentimenti o alla freddezza.
Spesso infatti, tuttora, mi sento senza emozioni. Mi sembra di osservarmi dall'esterno e ritrovarmi senza il cuore.
Anche quando osservo gli altri, quelli che si tengono per mano, che sembrano volersi bene, che si sposano o hanno dei figli, continuo a non provare nulla.
Potrei avvertire ancora rabbia o invidia per qualcosa che io non sono riuscita a costruire ma la verità è che non sento niente e sinceramente questa mia stasi che non mi appartiene, un po' mi spiazza.
Spesso mi chiedo cosa sia peggio: se il dolore o questa sospensione dei sentimenti, ma cerco di non preoccuparmene troppo perché probabilmente fa parte del percorso che non ho ancora concluso e che avrò modo, con altro tempo, di compiere al meglio.
Magari presto tornerò a "sentire" e sarà ancora più bello di qualche anno fa, perché si tratterà di un'emozione vera, più forte, forse più conscia, se così si può definire.


logo edizioni miniTra i temi affrontati nel racconto c'è anche quello dell'incontro tra culture differenti, un incontro che dapprima sembrava potesse rappresentare un cambiamento positivo nella tua esistenza, poi invece si è rivelato esattamente il contrario, quindi il cambiamento in effetti non c'è stato. Come è potuto accadere tutto questo?


Intervista a NajaaSono sempre stata una persona attratta dalle emozioni, dal vissuto delle persone. Affascinata dalle culture differenti, dagli accenti diversi e da tutto quello che ha a che fare con il viaggio, il movimento… e questo movimento quando arriva nella mia vita e mi coglie all'improvviso mi accende una luce negli occhi che normalmente non credo di avere. Questo è stato il primo abbaglio verso una mia nuova quotidianità. Poi mi sono lasciata ingannare la mente con l'abilità delle parole e dei gesti di un uomo sicuramente avvenente ma anche calcolatore. Per questo forse ho pensato e sperato di ritrovare, attraverso di lui, delle sue leggi, una mia nuova identità. Un'identità migliore che avrebbe annullato quella scomoda che mi sentivo addosso, amplificata dai suoi giudizi avvilenti su di me.
Il contrario è accaduto perché ho creduto di essere davvero una persona da dover correggere. Ho ascoltato troppo le sue parole e poco la mia anima, fino ad annullarla.

Quando si arriva a fare questo, non c'è niente che possa cambiare in positivo la nostra vita.


logo edizioni miniQuale messaggio vorresti dare alle donne che vivono o hanno vissuto una esperienza simile alla tua?


Intervista a NajaaA tutte le donne vorrei dire di non smettere mai di amare o di credere nell'amore perché merita sicuramente di essere vissuto ma di non farlo lasciandosi  rubare il cervello, perché nessuno ha diritto di fare questo.
Di non dimenticarsi di loro stesse, che vengono sicuramente prima di ogni altra cosa.
Di imparare a guardarsi dentro, in maniera sincera e profonda, mettendo via la paura di quello che realmente sono o desiderano, per poi prendersi cura, giorno dopo giorno, di loro stesse.
Sembrano luoghi comuni ma sono le cose che alla fine contano di più per il proprio benessere psico-fisico.
Per stare bene con gli altri, bisogna per forza prima conoscersi e trovare la propria serenità.
A chi è uscita da una brutta storia, simile magari alla mia, e si sente senza un domani, vorrei dire di non smettere di cercare una propria luce, qualcosa di buono dove appigliarsi per poter ridare colore ai propri sogni.
A chi invece, purtroppo, si trova ancora in un incastro malsano di amore e violenza, posso solo consigliare di inventarsi una via di fuga, magari parlandone con qualcuno, perché una strada per uscire dal tunnel c'è sempre e bisogna almeno provare a percorrerla.
Parafrasando il mio libro: non esistono schiaffi d'amore e non bisogna, nella maniera più assoluta, arrivare a  giustificarli.
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Redazione

La verità sospesa di Gabriella Giordanella Perilli. Intervista all'autrice

giordanella2La verità sospesa  di Gabriella Giordanella Perilli nella collana A Tu per Tu - Edizioni Psiconline è disponibile anche in versione ebook.
Di seguito l'intervista all'autrice in occasione della pubblicazione del volume nel formato epub.

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Redazione

Edizioni Psiconline ha partecipato al Salone del Libro di Torino 2014

Salone del libro TorinoEdizioni Psiconline ha partecipato anche quest'anno al SALONE INTERNAZIONALE DEL LIBRO di TORINO, giunto alla ventisettesima edizione, che si è concluso lunedì 12 maggio 2014.



Circa 340 mila visitatori, il 3% in più rispetto al 2013, buona percentuale di crescita anche per la nostra Casa Editrice.

[caption id="attachment_3007" align="alignright" width="221"]Ciro Pinto, Massimo Bisotti, Eleonora Capitani Ciro Pinto, Massimo Bisotti, Eleonora Capitani


[caption id="attachment_3012" align="alignleft" width="179"]Massimiliano Anzivino, Eleonora Capitani, Matteo D'Angelo Massimiliano Anzivino, Eleonora Capitani, Matteo D'Angelo


Da giovedì 8 maggio i nostri autori e il nostro Staff hanno accolto i visitatori allo STAND D14 del PADIGLIONE 1 del Salone del Libro di Torino.

Anche nel 2014 si è rinnovato l'appuntamento con il FIRMALIBRO, con i nostri autori che non si sono lasciati sfuggire la fantastica opportunità di incontrare il pubblico e firmare anche le copie acquistate dall'8 al 12 maggio:

[caption id="attachment_3008" align="alignleft" width="150"]Massimiliano Anzivino, Enrico Magni Massimiliano Anzivino, Enrico Magni


Grande interesse da parte dei visitatori per i titoli presenti nelle nostre collane A tu per Tu, Punti di Vista, Strumenti, Ricerche e Contributi...

Giornate intense, tantissimi incontri, grandi emozioni che accrescono l'amore per il nostro lavoro e ci incoraggiano a continuare così, e a dedicarci con sempre maggiore impegno alla pubblicazione di nuovi titoli, alla scoperta di nuovi autori a far diventare grande la nostra piccola Casa Editrice.

[caption id="attachment_3010" align="alignleft" width="150"]Massimo Bisotti, Rachele Magro, Rosanna Bellanich, Stefano Mosca Massimo Bisotti, Rachele Magro, Rosanna Bellanich, Stefano Mosca
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Redazione

L'uomo che correva vicino al mare di Ciro Pinto - Intervista all'autore

Edizioni Psiconline, ha intervistato Ciro Pinto autore del romanzo "L'uomo che correva vicino al mare" nella collana A Tu per Tu (256 pagine € 18,00).
Dal 20 marzo in libreria e on-line.


[caption id="attachment_2769" align="alignleft" width="240"]Ciro-Pinto-2-1024x768 Ciro Pinto

Da poco in libreria e già se ne parla. In molti lo aspettavano. Molti lo hanno richiesto diverse settimane prima della sua uscita.
Noi di Edizioni Psiconline non potevamo non rispondere alle richieste dei lettori, ci siamo affrettati ad intervistare il nostro simpatico autore per farlo conoscere meglio.
Ciro Pinto è stato davvero entusiasta del nostro invito e come potevamo deludere la sua richiesta di fare l'intervista vicino al mare?



Il nostro Mare Adriatico, che accompagna il personaggio nell'intero romanzo.
Una piccola introduzione del libro è dovuta per comprendere le domande che rivolgeremo all'autore.
Un uomo corre vicino al mare per sfuggire alla malattia, alle iatture della vita e alla morte.
La sua vita si sgretola pian piano, la sua corsa lo porta dentro i suoi ricordi, mentre la mente si sfoca e si perde nella nebbia di un precoce invecchiamento.
In questa corsa all’indietro ritrova innanzi a sé i dilemmi mai risolti: la perdita della madre quand’era ancora bambino, il ricordo del padre, abbandonato troppo frettolosamente dentro una morte improvvisa e rapida, come uno schiaffo talmente forte da ammazzare persino il dolore.1237376_10201481940002677_306385397_o
Tenta di ricostruirsi un futuro, ma l’impresa si presenta più ardua di quanto previsto e sullo sfondo una verità che non vuole accettare.
Una storia d’intima sofferenza, con riflessioni e spunti.
I temi del ricordo, della famiglia e della riflessione sulla vita molto intensi e toccanti si sviluppano attraverso luoghi e momenti diversi, seguendo la trama del romanzo.
La storia termina con la proiezione nel futuro di qualche anno, che dona alla fine una luce di speranza: la possibilità che l’umanità ha di tramandare se stessa rende possibile il perpetuarsi della vita e il superamento della morte.


Ciro Pinto è nato a Napoli nel novembre del 1953, dove tuttora risiede. Ha lavorato sempre nel settore bancario e finanziario, dove ha svolto ruoli dirigenziali e di responsabilità nazionali. Ha girato l’Italia e ha vissuto diversi anni a Firenze. Lasciato il lavoro e ritornato a Napoli, oggi si può dedicare alla passione che coltiva da sempre, scrivere. Ha pubblicato nel settembre del 2012 il suo primo romanzo: Il problema di Ivana, Edizioni Draw Up. Menzione d’onore al Premio Internazionale di Letteratura, 27ma edizione Phintia 2013. Terzo classificato, sezione editi, al Premio di Letteratura Circe, I edizione. Menzione speciale dell’Asso Artisti Nazionale nell’ambito del Premio Circe. Ha pubblicato due racconti su Storie brevi de La Feltrinelli nel 2013 e un racconto nell’antologia Crisalide, Edizioni Draw Up, Ottobre 2012, di cui ha curato l’editing ed è stato coordinatore editoriale. È inoltre autore di diverse poesie, tra cui alcune premiate e pubblicate in antologie Artemuse e Circumnavigarte.


L’uomo che correva vicino al mare si è classificato al secondo posto, nella sezione inediti, al Premio di Letteratura Circe, I edizione 2013 (primo classificato dalla Giuria dei lettori).




[caption id="attachment_2773" align="alignleft" width="140"]L'uomo che correva vicino al mare L'uomo che correva vicino al mare

Incontriamo quindi Ciro Pinto comodamente seduti sulla veranda di uno stabilimento balneare, in questa stupenda giornata di primavera. Abbiamo ordinato un gelato con tanta panna e poi un caffè, decidiamo però di proseguire la nostra conversazione passeggiando sulla spiaggia sotto il sole di marzo, ma la temperatura è davvero superiore alle medie stagionali, quasi viene voglia di tuffarsi...


D. Ringraziamo innanzitutto Ciro Pinto, perché nonostante i suoi molteplici impegni, (stanno per iniziare le presentazioni del suo romanzo in varie librerie un po' in tutta Italia), ha accettato il nostro invito. Come nasce l’idea del suo romanzo?
R. Beh, devo dire che ho scritto L’uomo che correva vicino al mare nella primavera del 2012, pochi mesi dopo aver terminato Il problema di Ivana, la mia prima opera.
Era giusto un anno che avevo lasciato il lavoro per un’opportunità di pre-pensionamento, e il mio tempo, improvvisamente libero, era stato conquistato dalla passione per la scrittura. Mi pareva di essere ringiovanito fino al punto di sentirmi un ragazzo, una sensazione davvero piacevole. Proprio per questo mi hanno colto tutte le paure che possono assalire un uomo di cinquantotto anni che vede avvicinarsi il declino. Allora ho scritto questo romanzo per esorcizzarle.


D. Il dolore del vivere, l’ineluttabilità della sofferenza e della morte, percorrono tutta la trama, ma la speranza si fa strada, anche se a fatica, nella vitalità dei personaggi che non si danno per vinti, nonostante tutto. Qual è il messaggio che vuole lasciare?
R. Non amo lanciare messaggi, anzi diffido di chi lo fa. Abbiamo già tanti falsi profeti e venditori di felicità effimere. Sono fondamentalmente un romanziere, mi piace costruire storie partendo dalla vita reale, dal quotidiano. Poi, se dalla mia narrativa si possono cogliere spunti e riflessioni ne sono felice. Sì, nonostante le tante ombre che aleggiano nella loro vita, i protagonisti della mia storia sono ricchi di vitalità. A sostenerla è proprio la speranza.
Io penso che la speranza sia l’unico patrimonio inestinguibile che esista al mondo. Ed è un bene libero da leggi di mercato: è a disposizione di tutti. Il peccato più grave sta nel non riuscire a tenere accesa questa fiammella che può farci superare ogni difficoltà o quantomeno accettarla.


D. Che cosa dà quella spinta vitale ai suoi personaggi, dove trovano il coraggio per andare avanti?
R. Nel rispetto di se stessi e nella consapevolezza della propria identità. Nel patrimonio di esperienze, di legami che arricchiscono la nostra vita si possono trovare le ragioni per andare avanti.
I miei personaggi lottano per qualcosa che dia un senso ai loro giorni. Io credo fermamente che ognuno, nei vari periodi della sua vita, debba avere una mission, che può mutare nel tempo a seconda delle diverse circostanze e delle peculiarità di ogni individuo, ma che risponde sempre a quella visione dell’esistenza che ciascuno di noi porta dentro.
Però è solo nella condivisione e nel mutuo soccorso con gli altri che ci circondano che si può trovare la forza di cercare sempre un’altra chance.


D. Il tema del mare accompagna tutto il suo romanzo. Di certo la scelta non è casuale. Che cosa rappresenta, cosa vuole significare? C’è qualcosa di autobiografico in questa scelta?
R. Come diceva Pascoli: Questo mare è pieno di voci e questo cielo è pieno di visioni. Il cielo e il mare sono altro dalla terra, che ci è più familiare, siccome la calchiamo tutti i giorni. Ma, rispetto al cielo, il mare ci è più vicino: possiamo immergerci, sostare dinanzi a lui, o corrergli accanto. Per me il mare è catarsi, rigenerazione, ricerca interiore; non a caso nel romanzo, proprio all’inizio, si cita il gabbiano Jonathan.
Ma è anche l’elemento più vicino alla nostra natura biologica, non dimentichiamo che il nostro corpo è composto in media per il 60% di acqua.
Sicuramente di autobiografico c’è il mio amore immenso per il mare. Sono nato e ho vissuto buona parte della mia vita in una città che ad esso è indissolubilmente legata. Di sicuro le mie origini napoletane mi hanno sempre fatto sentire il mare come un ingrediente irrinunciabile della mia vita.
Spesso sulla mia barca non resisto alla tentazione di spegnere i motori e tuffarmi al largo, con gli occhi aperti. L’azzurro profondo che ti si para davanti non ha eguali. Un’esperienza imperdibile.


D. A volte i dialoghi in italiano sono intercalati a quelli in napoletano, lei è molto legato alla sua città di origine? Quale è il merito della sua città nella sua formazione artistica di scrittore?
R. Beh, come dicevo prima, sono sicuramente molto legato alla mia città, anche se ho con lei un rapporto conflittuale. In pratica la amo per la ricchezza di emozioni che offre, per la varietà delle sue voci. Napoli è per sua stessa natura una fucina inesauribile di creatività, di idee, di suggestioni.
La odio per la sua irritante abulia, per l’imperante vittimismo e per l’incapacità, o meglio, la non-volontà a risolvere i suoi atavici problemi.
Ad ogni modo, sento di non poterne fare a meno. Probabilmente porto nella mia genetica il suo marchio, come del resto ognuno porta dentro di sé la sua città.
Di Napoli forse esprimo la visceralità, i sentimenti, e forse la drammaticità.
Posso solo aggiungere che se si eccettuano pochissime poesie in vernacolo e un racconto, ancora inediti, e ovviamente gli sprazzi di vita napoletana di Giorgio, il protagonista del romanzo, non ho mai scritto, né ambientato storie nella mia città. Per me scrivere di Napoli è sempre molto difficile, si rischia di cadere in luoghi comuni e stereotipi. È troppo pregna di creatività, in ogni gesto, in ogni allocuzione del suo popolo.
Scriverne è un’impresa ardua. Ci sto provando col mio quinto romanzo, sto cercando di vederla con gli occhi di Goethe. 1441454_363217017158043_709500147_n


D. "Correre era il suo talismano mattutino, la sua risposta a tutte le angosce della vita, ogni falcata gli ridava fiducia. Al diavolo la malattia, la vecchiaia e la morte, lui era più forte di tutto". C’è un po’ di Ciro Pinto in Giorgio?
R. Tanto. Come ogni partenopeo ricorro spesso ad amuleti e ho le mie ritualità per scongiurare la sfiga, e poi amo l’attività fisica. Mi scarica, mi rilassa e mi fa sentire vivo, e qualche volta, non mi vergogno a dirlo, invincibile. Il benessere che procura, quella stanchezza salubre che ti prende dopo una fatica, sono portatori di ottimismo.
Di Giorgio ho anche la sua fissa di programmare la vita, il voler dominare e controllare ogni cosa, anche gli eventi che lo sovrastano. Mi appartengono pure la sua sensibilità e la sua tenacia.


D. Colpisce molto il legame del personaggio Giorgio Perna con la moglie Eva. Un amore che sopravvive alla morte, che sconfigge la morte. Eva rimane una presenza costante nella vita di Giorgio, come se fosse ancora in vita. Ho trovato pagine molto toccanti e commoventi, i lettori concorderanno con me.
Il tema dell’amore e del dolore per la madre prematuramente scomparsa, poi per il padre, per la moglie, per la malattia del nipote è una presenza costante. Perché nel romanzo si
associano amore e dolore? È un voler esorcizzare il dolore per la perdita o la sofferenza delle persone amate?
R. Beh, senza arrivare alla visione tragica dei nostri padri greci, ritengo però che la nostra vita sia sempre intrisa di bene e male, di gioia e di dolore. Del resto tutti i grandi temi dell’esistenza si intrecciano, sono l’uno l’altra faccia dell’altro. Nel romanzo l’amore e il dolore sono strettamente correlati perché è il tema della perdita, dell’abbandono inteso nel modo più lato, che segna le pagine del libro. Ed è proprio a una certa età che il processo naturale della vita che porta alla sua fine diventa improvvisamente reale, e prossimo. Come dicevo all’inizio, è stata proprio l’inattesa consapevolezza del declino a indurmi a scrivere la storia di Giorgio, come un outing che mi liberasse da tutte le paure.


D. Qual è il senso dell'esistenza di Giorgio, e degli altri personaggi e più in generale quale il senso del passaggio, del fugace passaggio dell’uomo su questa terra?
R. Questa è una macro domanda, di portata così universale, che è davvero difficile rispondere in poche parole. Per me, che non ho il dono della fede o, almeno, non l’ho ancora trovato, rispondere è ancora più difficile.
Parliamoci chiaro, l’uomo ha un destino davvero beffardo: è strutturato biologicamente per un tempo limitato di vita, eppure pensa, prova emozioni e sentimenti che non hanno confini temporali. Non credo nell’aldilà, credo nell’Umanità. Penso che la grande forza dell’Umanità risieda nella sua capacità di tramandarsi. Come dice David Grossman nel suo bellissimo libro: Che tu sia per me il coltello, gli antichi saggi ebrei credevano che esistesse in ogni organismo umano un ossicino, chiamato luz, indistruttibile e che ci sopravvivrà. Ecco, credo nella testimonianza, nella memoria!
Penso che ognuno di noi possa tramandare la sua umanità, attraverso un figlio, attraverso il ricordo che vive in chi gli sopravvive, attraverso tutto ciò che riesce a fare in vita. È questa davvero l’unica arma che abbiamo contro la morte.


D. Ora che il romanzo è concluso ed è in libreria, è soddisfatto del suo lavoro? C’è qualcosa che cambierebbe?
R. Sì, grazie a Edizioni Psiconline, che ha creduto in questo progetto editoriale, questa mia seconda creatura ha visto la luce. Provo una grande soddisfazione ma anche tanta apprensione, come ogni genitore che osserva i primi momenti di vita del proprio figlio.
No, non cambierei nulla, e non certo per presunzione. Penso che un romanzo, una volta terminato, a parte le rivisitazioni di revisione e di editing, non sia più manipolabile, perché è la testimonianza di suggestioni e di riflessioni, in parole povere è il frutto di una creatività, dei momenti che lo hanno generato. Penso che da subito il libro diventi un mondo a sé, altro dal suo autore; appartiene ad ognuno di noi, che lo legge e lo vive secondo le sue personalissime percezioni.


D. Quali parole userebbe per invogliare il lettore a leggere il suo romanzo. A chi si rivolge in particolare?
R. Sarei tentato di dire: Accattatevillo! come la grande Sofia Loren invitava a fare in una pubblicità di qualche anno fa.
Scherzo…
Penso che sia un romanzo che possa far vivere emozioni e far riflettere. Farci staccare solo un po’ dalla nostra corsa forsennata verso chissà che, farci restare un po’ a pensare a tutto quello che va oltre le nostre beghe quotidiane.
È una storia per tutti, per gli adulti, ma anche per i giovani.
I temi della famiglia, dell’invecchiamento, della malattia, ma anche dell’amore, dell’abnegazione, della lotta, sono temi universali che non hanno età e non la chiedono a chi li affronta.


Si potrebbe continuare per ore a conversare con Ciro Pinto, purtroppo il tempo a nostra disposizione è troppo breve, quindi dobbiamo concludere augurandoci di poterlo incontrare  di nuovo tra pochissimo tempo.


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