Candida 19062010 004 okNon ci sono molti testi che trattano il suicidio perché è un soggetto che imbarazza un po’ tutti o crea problematiche interiori dalle quali ci si difende non pensandoci.
Anche per un operatore clinico è comunque un argomento difficile, specialmente se è il proprio paziente che rischia o attua il suicidio.
Chi ne parla, invece, senza cognizione di causa o, peggio, strumentalizzandolo, sono i mass media.

Candida Cilli, psicologo clinico e psicoanalista, ha maturato, nella sua lunga pratica, una particolare sensibilità ed esperienza sul tema. "Prevenire il suicidio"  cerca di farci capire come sia stato visto il suicidio, nei tempi passati, dai più importanti pensatori; come si possa prevenire il suicidio, ma anche il vero senso di chi, in fondo, seppur sbagliando, cerca una nuova vita.
L’analista deve lavorare sui “semi di vita” che anche il paziente più difficile ha in sé.
Altre volte, deve far comprendere alla società che, spesso, quando si tratta di disagio economico proveniente  dalla crisi degli ultimi anni, è più utile un intervento di sostegno economico che la “medicalizzazione” del paziente.
Il testo presenta anche alcuni casi clinici seguiti dall’autrice.
La lettura è adatta a tutti, non solo a esperti del settore, perché può aiutare a comprendere meglio il mistero dell’animo umano.

D. Come mai la scelta del labirinto per la copertina del libro?
R.  Il labirinto rappresenta un mezzo per il risveglio della spiritualità ed è simbolico del cammino sacro che l'uomo deve percorrere per avvicinarsi al proprio centro. 
Esso può aiutare a ritrovare in sé  qualcosa che era stato messo da parte e che rimaneva nascosto, ma che cercava di esprimersi: qualcosa che poteva aiutare a vedere un senso in quel che ci accade.  Ed è ciò che avviene nella lettura di questo libro

D. In che senso avviene in questo libro?
R. Come è scritto nella prefazione oggi si parla con grande leggerezza del suicidio e ciò distoglie dall'individuare di esso le complesse cause che lo provocano , senza una profonda spiegazione dei tanti motivi che inducono a pensare o a mettere in atto il suicidio.

D. In che modo si potrebbe prevenire tale fenomeno?
R. Cercando indizi spesso radicati nel tempo, molto profondi, male elaborati e soprattutto non condivisi da coloro che ci vivono attorno, senza quindi alcuna comprensione delle difficoltà esistenziali e della fragilità che le accompagna.

D. Il suicidio può diventare una soluzione a tali difficoltà?
R. Nelle varie esemplificazioni cliniche esposte nel libro si evidenziano individui che dispongono in modo elementare e radicale della loro libertà in una faccenda ritenuta del tutto privata  oppure altri che si collocano in un contesto relazionale nell'intento di fare del male o di colpevolizzare le persone amate.

copertina prevenire il suicidioD. Quindi può rappresentare anche una sfida?
R. Certo. Il suicida con il suo comportamento auto lesivo evoca negli altri, sentimenti di rabbia perché tende ad affermare il proprio potere a dispetto delle condizioni che lo limitavano e con la sua “sfida” mette in pericolo il senso del “gregge”, il suo ordine e le sue finalità.


D. Queste condotte di sfida soprattutto negli adolescenti possono mettere in pericolo la vita?
R. In effetti in queste condotte pericolose si possono ravvisare degli equivalenti del passaggio all'atto pulsionale nell'invasione da tematiche di distruzione, di annichilimento e di regressione fino ad un vero e proprio continuum  tra gli incidenti, i suicidi accidentali, i suicidi-gioco ed il suicidio con desiderio di morte.

D. Si può affermare che la nostra cultura sia assediata dal tabù della morte?
R. Nella nostra società la morte è divenuta l'innominabile, morire è diventato oscenità, turbamento, imbarazzo e vergogna e così possono nascere le condotte di sfida atte a mettere in pericolo la vita come camminare sulle rotaie di un treno, restare in mezzo alla carreggiata di una strada ad alta velocità chiudendo gli occhi etc.

D. Cosa propone questo libro per diminuire le condotte suicidarie?
R. La finalità di questo libro non è di indicare ambiziose mete terapeutiche, ma solo quello di evidenziare le difficoltà che spesso coloro che fronteggiano la morte per necessità o per vocazione, cioè gli operatori sanitari e gli stessi terapeuti, incontrano nel doloroso confronto con il paziente suicidario.

D. Nei mass media spesso si evidenzia una relazione tra crisi economica e suicidio, lei cosa ne pensa?
R. Il problema è curare il “male oscuro”, la malattia mentale e la depressione che non promuovono la felicità e di sicuro in questo modo la tanto millantata relazione tra crisi economica e suicidio viene scongiurata.

D. In definitiva quale potrebbe essere per lei la causa principale di questo fenomeno?
R. La maggior parte dei suicidi avviene per cause di salute e per cause psichiche e perciò bisogna evitare il più possibile speculazioni sulla sofferenza e cercare invece di proporre interventi di sostegno economici e sociali  più che la "medicalizzazione" dei pazienti depressi ed a rischio di suicidio.

 

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